Credo che ormai chi più chi meno riceve delle notifiche di dirette da parte di Facebook. Oggi al volo ne ho seguita una e sono andato a curiosare tra le altre dirette a cui potevo accedere facendo un’interessante “scoperta” sull’audience di ciascun video. Non entro sui perché delle differenze tra il numero degli spettatori ma il dubbio che la passività contro il coinvolgimento sia un buon metro di valutazione sorge spontaneo.



E’ evidente che se parliamo di video bisogna mettere fuori il naso da questo fenomeno direi post covid, le dirette, che non possiamo ignorare Chunkys dead o le Step Chickens dove partendo sempre dai video si ottengono altri risultati.
Se non azionate il cervello fate la fine dei polli – la storia di melissa ong, comica 27enne, che ha creato un “culto” (step chickens) su tiktok facendo leva sulla noia dei ragazzini in quarantena: la sua fama si basa sul nulla cosmico eppure ha conquistato due milioni di follower e oltre 55,9 milioni di “mi piace” indossando un costume da pollo e interpretando una scena parodistica di un film erotico a tema incestuoso – i pollastrelli seguono le sue scemenze e lei è diventata una macchina da soldi

Interessante a proposito dell’esposizione degli italiani a questi materiali video la sezione specifica che vi dedica il Rapporto Coop 2020. Il Covid ha cambiato completamente le nostre abitudini e la fruizione di materiali video o l’uso di una comunicazione che prevede la visualizzazione delle persone coinvolte è aumentata in modo esponenziale ponendo in modo radicale il tema tra questi strumenti e la nostra vita di tutti i giorni.

Interessante sul tema della divulgazione video sono alcune esperienze pregresse fatte da alcuni amici che andrebbero osservate ed eventualmente sviluppate.

Qual è dunque la forma della tecnologia social che ci circonda? Cosa ci invita a fare?
Pur semplificando molto, la risposta è una sola: ci invita a essere usata il più possibile, perché più la usiamo, più produciamo valore, sotto forma di dati.
Più usiamo Facebook, più questo ci conoscerà e potrà vendere un nostro “ritratto” a un’azienda, che saprà dunque molto bene quello che vorremo probabilmente comprare. O chi votare. Quale film vedere, quale canzone ascoltare, quale libro leggere, quale celebrità invidiare, quale attrice o attore desiderare.
Ora, più che questione di ergonomia, è questione di business model: Facebook, assieme a Google, YouTube, Twitter, vende pubblicità. Lo ha detto lo stesso Mark Zuckerberg , amministratore delegato di Facebook, ma anche Instagram e WhatsApp, interrogato dal Congresso degli Stati Uniti: «We run ads», gestiamo pubblicità. Secondo Roberto Calasso, dominus di Adelphi, tre parole che sono «l’insegna stessa del terzo millennio».