La vita offre solo una via d’uscita che non mi è mai piaciuta, la morte.E proprio giocare contro il destino diventa l’impegno della vita e sono grata di aver potuto essere vicino al mio Paolo tutto il tempo che siamo riusciti a giocare la nostra partita contro la morte componendo una specie di poesia intessuta di tutti i nostri momenti d’amore che abbiamo costruito insieme e con la gioiosa e meravigliosa presenza amorevole di Roberto, nostro figlio adorato.E questa poesia, anche se sento di essere stata strappata dalla parte migliore di me, dalla parte più tenera e luminosa con la sua continua promessa di felicità, non può mai essere perduta. Come ci insegna il caro Claudio Albertani un proverbio messicano dice: “quello che hai ballato, hai ballato, nessuno te lo potrà mai rubare” e noi abbiamo danzato una lunga danza attorno al reciproco fuoco della passione, con mente e corpo in una ricerca, già di per sé meravigliosa, di Armonia.La passione comune ci ha dato tanto e rende ancora più grande il dolore di un distacco davvero straziante, ma non c’è possibile rimpianto dopo tanta ricchezza ricevuta! Gilda Caronti 26/12/2021
Ciao Paolo, sabato ti lasciavo con Gilda in ospedale convinta di riaccompagnarti presto a casa, sei partito solo e ci hai lasciati qui, sulla banchina per l’ultimo saluto. Dovrò trovare uno stradario di Milano per quando mi perdo, la Treccani, che insisto a sfogliare in astio a Google, non sarà mai abbastanza e mi sfilano per la mente quei momenti che sembravano inutili: noi che cantiamo Paganella, in auto, direzione Pettenasco, il tuo stupore dopo il pacco di Scherzetto, che bastava il nome, la torta di datteri senza datteri di nonna Maria e il tuo risolvere tutto con la frase ereditata da Onda, ” ciamamo un ometo”, e poi tutti gli assurdi accadimenti che abbiamo condiviso e che risolvevi con il pungente sarcasmo da triestino all’estero. Il vapore è partito, ce l’hai fatta a schivare lo spion de l’Austria, e noi ancora qui inutilmente sulla banchina, buon viaggio Paolo Grazia Bamba

Paolo Ranieri (1952-2021)
Ciao vecio. Ci vediamo all’inferno. Ci conoscemmo ai tempi del liceo, un giorno di marzo di quel fatidico 1968. Noi del Vittorio Veneto ci eravamo recati ad appoggiare l’occupazione del Parini e, al momento dello sgombero, tutti i presenti si rifiutarono di muoversi per cui i poliziotti ci dovettero trasportare fuori a braccia. Non ricordo episodi di violenza, ma nel caso di Paolo e mio, vi fu una scena comica perché per caricarci ci vollero due poliziotti ciascuno, a causa della nostra corpulenza. E così iniziò un’amicizia che è durata ininterrottamente 53 anni, nove mesi e qualche giorno. Nel 69, Paolo partecipò in prima persona all’esperienza di Ludd-Consigli Proletari, mentre io, più ingenuo e sprovveduto, ebbi in essa un ruolo assolutamente marginale. Poi venne il gruppo che creammo insieme con Dario Acerboni, Walter Rusnighi, Maurizio Pedrinella e Alberto Lacroix, il “Consiglio per lo smantellamento del vecchio mondo” (!!), nome roboante che cercava di esprimere la nostra volontà di sovversione e che costò ad alcuni di noi un paio di processi. Credo che Paolo abbia conservato i nostri volantini di allora. Insieme imparammo il francese per leggere in lingua originale il “Traité” di Vaneigem e “La società dello spettacolo” di Debord. Ci innamoravamo anche delle stesse ragazze, sempre con scarsi risultati, il che ebbe l’effetto di evitare spiacevoli problemi fra di noi. Nel 72, aderimmo a Comontismo, una delle esperienze più importanti della mia vita ed anche della sua. Ricordo che quando noi di Milano (Maurizio Pincetti, Roby Ginosa ed io) rompemmo con i torinesi, Paolo rimase con loro intrecciando una potente amicizia con Riccardo d’Este, Paolo Turetta, Carlo Ventura, Marilena Moretti e gli altri, poi ritrattati da Marilena nel documentario “La rivoluzione non è una cosa seria”. Al momento della rottura, arrivammo quasi alle mani, però Paolo ed io continuavamo a vederci di nascosto… Nel 73, facemmo un viaggio in Turchia con l’indimenticabile Marco Colombo e Viviana Barci. Da lì, io me ne volevo andare in India con il famoso Magic Bus che faceva scalo a Istanbul, però, mentre stavo per partire, Paolo mi convinse a tornare in Italia. Questa ancora adesso non gliela perdono, ma bisognava pur fare la rivoluzione… Ad un certo punto, non ricordo esattamente quando, ce ne andammo a vivere in montagna, a Stava, val di Fiemme, dove anni dopo successe la nota disgrazia che, fra l’altro, spazzò via la casa dove avevamo vissuto insieme. Ricordo, nelle fredde nottate nevose, interminabili discussioni sulla “gemaiwesen”, la Banda Bonnot, “Il mucchio Selvaggio”, Salgari…A partire dal 74, le nostre strade si divisero, ma l’amicizia non si interruppe mai. Io volevo conoscere il mondo e me ne andai a vivere prima negli Stati Uniti e poi in Messico. Paolo, invece, si invischiò in storie illegaliste, per cui entrava ed usciva di galera. Uno dei rammarichi della mia vita è aver perso le lettere che mi inviava sia dal carcere che da fuori perché, con l’eloquenza che gli era propria, oggi sarebbero un documento importante per ricostruire l’ambiente di un’epoca in cui la rivoluzione sociale era ancora all’ordine del giorno.Il resto sarebbe lungo da raccontare. In una delle sue uscite di galera, Paolo conobbe Gilda, l’amore della sua vita, la donna che ha condiviso con lui oltre 40 anni di una vita decisamente fuori dal comune. Una delle loro migliori creazioni è Robertino, il loro figlio. Ricordo che quando nacque, Fabio, mio fratello, ed io lo chiamammo Tyson, per via della sua (allora) potente mascella.Una delle cose che sempre mi ha fatto specie di loro è che Paolo, Gilda e Robertino hanno costruito una famiglia incredibile. Incredibile, ma vera, perché contro tutte le nostre teorie sulla famiglia come carcere della vita quotidiana, eccetera, loro hanno saputo costruirne una al di fuori di tutti gli schemi: la più affiatata e felice che io abbia mai conosciuto. L’ultima avventura importante che vivemmo insieme, Paolo ed io, fu la storia zapatista negli anni novanta. In quel caso, non fui io ad andare a rimorchio, ma lui a entusiasmarsi per questa mia storia messicana che sfociò nel libro che facemmo con Massimo Boldrini: “E vennero come il vento” e in molte altre pubblicazioni, sempre diffuse dal Consolato Ribelle del Messico a Brescia, animato dai cari Stefano “Pelo” e Roberta MeazziGli ultimi vent’anni sono stati segnati dall’affetto e dai ricordi. Quando andavo in Italia, una volta ogni tre o quattro anni, mi scaraventavo immediatamente a casa dei Ranieri. E Paolo, malgrado gli acciacchi e i problemi di salute, era sempre di buon umore, sempre con qualche nuova idea in testa. Non dimenticherò mai la sua risata contagiosa. Una delle tragedie della sua scomparsa è che il progetto di scrivere la storia della nostra tendenza, quella conosciuta come “radicale”, rimarrà inconcluso perché lui, con la sua memoria di ferro e la sua enorme capacità di sintesi, era l’unico che poteva scriverla. Forse Gilda riuscirà a recuperare il secondo tomo (il primo, su Ludd è uscito un paio d’anni fa) che, per quel che so, era molto avanzato. Un’ultima, piccola soddisfazione. Un paio di giorni fa, sono riuscito a parlargli via WhatsApp per l’ultima volta. -Non dire niente, vecio, gli ho detto… Non ti stancare, hai tanto da fare ancora… Lui è riuscito a mormorare qualcosa.Sapeva bene dell’affetto che gli portavo, però mi piace pensare che ricordarglielo gli abbia fatto bene. E adesso non c’è più. E adesso per noi, per tutti noi che lo abbiamo conosciuto ed amato, non resta che il suo ricordo ed un vuoto enorme. Fatevi forza Roberto e Gilda¡Hasta siempre compañero! Città del Messico, 25 dicembre 2021 Claudio Albertani
Roby Ginosa (1950-2021)
Era, in qualche modo, il padre di tutti noi, la persona a cui facevamo riferimento in quella entusiasmante fine degli anni sessanta. Al Vittorio Veneto, fu lui, grazie anche a Eddie, suo fratello maggiore, che ci fece conoscere Socialisme ou Barbarie e i situazionisti, quando “La società dello spettacolo” non era tradotta e di Castoriadis solo conoscevamo gli pseudonimi. A Milano, era uno dei personaggi centrali di Ludd, insieme allo stesso Eddie, Cesarano e Joe Fallisi. Lo arrestarono, verso il 15 dicembre 1969, per la storia di Piazza Fontana, ma dovettero liberarlo rapidamente perché non avevano nulla contro di lui. Io avevo 16 anni quando lui ne aveva 18 ed era per me una specie di mito. Nel 1971, il tragico sudicio di Eddie lo marcò per sempre. Da quel momento sentì la responsabilità di essere l’erede della radicalità del fratello e ripercorse, in qualche modo il suo cammino. Solo così mi spiego le sue (le nostre) esperienze con la droga, qualcosa che in realtà c’entrava poco con la sua (la nostra) personalità. Era giocare con il fuoco, ma tutti ne venimmo fuori a testa alta. La storia di Roby si intreccia con quella di Paolo Ranieri e, per qualche tempo, con la mia. Non posso dimenticare la generosità dei suoi genitori, Franca e Franco, che davano da mangiare ed anche da dormire agli amici dei loro figli nell’accogliente appartamento di via Washington.Dell’epoca di Comontismo, associo la figura di Roby a interminabili discussioni con Riccardo d’Este, nella comune di via del Ponterosso, a Firenze. Anche se i leader erano tra noi banditi, c’era un’inconfessabile rivalità tra Roby e Riccardo che portò poi alla rottura. Alfredo Passadore e Bianca Molinelli, più indipendenti, se ne andarono per conto loro.Verso settembre del 1972, ci ritrovammo a Milano, Maurizio Pincetti, Roby ed io con molta voglia di mostrare ai torinesi (la “matrice”) che noi eravamo tanto comontisti come loro. Il capitolo successivo è la comune di via Pecchio, creata da noi tre e per la quale passarono decine di persone, tra cui Anne Marie Koenders, Marilena Moretti, Henry Zardoun, Flavio Vida, Philppe Hermanjat, Joelle Guilliman, Tito Pulsinelli, Paolo Ranieri, Giulio Dessy, Marco Colombo, Viviana Barci, Bruno Vair-Piova, Lisa Candotti, Marie Claude Perigon e tanti altri. La nostra “opera” di allora “Contratti o sabotaggio”, la scrivemmo Roby, Maurizio ed io a casa dei genitori di Maurizio, perché in via Pecchio era impossibile concentrarsi… Non ricordo con esattezza quando Roby incontrò Paola Calosso, la mamma di Andrea, uno dei suoi figli. Deve essere stato verso il 73. Certo è che i due di si innamorarono perdutamente, anche se non fu certo una relazione felice. Il seguito, come con Paolo, è segnato dall’affetto e dalla ferma convinzione che l’amicizia se ne infischia degli oceani. Uno degli orgogli della mia vita e aver mantenuto rapporti con i miei amici italiani durante più di mezzo secolo. Negli anni 70, quando stavo a Berkeley e facevo il lavapiatti, non c’era internet, ma c’erano le carte di credito telefonico (false, ovviamente) ed io passavo ore conversando con i milanesi a spese della ITT. A volte, avevo la sensazione di saperne più di loro sulle ultime rotture e ricomposizioni del milieu. Io che stavo a novemila kilometri di distanza…Gli anni ottanta furono molto duri per Roby, Paolo e gli altri. La controrivoluzione non li risparmiò. Da parte mia, ringrazio gli astri di essermeli passati in Messico quegli anni, facendo il maestro di scuola elementare e invischiandomi nella rivoluzione guatemalteca. Avevo pochi quattrini e andavo raramente in Italia, quindi fui un testardo onorario, più che per partecipazione diretta alla leggendaria Accademia dei Testardi, animata dai genovesi Mario Lippolis e Gianni Armaroli, con la collaborazione di Roby, Paolo e molti altri. Ho un ricordo stupendo di Roby negli anni novanta. Tornato in Italia per qualche tempo, cercavo affannosamente lavoro, impresa non facile, visto il mio curriculum non certo brillante. Roby, sempre gentile, sempre solidale, sempre amico, mi offrì di lavorare con lui presso la Ong che dirigeva. Fu una grata esperienza, soprattutto perché rinforzò la nostra amicizia. Ricordo che allora conobbi la cara Piera Digonzelli, una delle nuove reclute del milieu, e Anna Lisé, compagna di Roby ormai da decenni. E ci fu l’avventura del “Secondo Incontro per l’umanità e contro il neoliberismo” che ci unì di nuovo tutti a Barcellona, Ruesta, Almuñecar e l’Indiano nel 1997. Rivoluzionari senza rivoluzione, negli ultimi anni, ci siamo trasformati in una combriccola di settantenni nostalgici, forse un po’ lunatici, amanti del vino, della buona gastronomia, ma sempre fedeli all’idea e all’amicizia.Ti voglio bene Roby. Salutami Paolo, Marco, Riccardo, Kukki, Paolone, Alfredo, Carlo, Piero, Bruno e gli altri. Io qui in Messico, sin novedad.
Un abbraccio Anna26 dicembre 2021
Claudio Albertani

Il giorno di Natale abbiamo ricevuto una notizia che mai avremmo voluto ricevere: Paolo Ranieri ci ha lasciato tra le braccia dell’amore della sua vita Gilda. Una mancanza inestimabile e un dolore profondo, ricordiamo infatti Paolo quest’estate all’incontro organizzato sul g8 di Genova a cui aveva aderito con il consueto entusiasmo e l’immancabile precisione critica. Alcuni di noi lo hanno conosciuto proprio lì, altri di noi proveniendo dall’esperienza Telos lo conoscevano invece da almeno un decennio, e lo ricordano con grande affetto per i tantissimi incontri e discussioni vissute insieme tra le mura del Telos di via Milano o nella casa occupata di via Don Monza o in una qualche altra tappa del ciclo di occupazioni saronnesi, come per esempio alla proiezione di Detour nel Telos via Gorizia, in cui si organizzò la comparsata dalla mattina per la sera. Gigante del pensiero, capace di rimescolare le carte e mostrarle nella sua radicale semplicità, non crediamo esista parola migliore per descriverlo (e che gli avrebbe fatto più piacere) che SOVVERSIVO, fino alla fine.
A Saronno ha segnato un solco e più traiettorie, lo ricorderemo sempre con stima e affetto.
CIAO PAOLO
ps: lo stesso giorno è venuto a mancare anche Roberto Ginosa, anch’esso conosciuto al fianco di Paolo in diversi incontri.
Collettivo Adespota – Saronno
“Se in qualcuno avremo messo radici, con le nostre parole, con le nostre azioni, non saremo morti davvero, ci rincuora Tolstoj. Sarà davvero così? Quel che è certo è che, per chi legge come per chi scrive, il bello di ogni libro è quindi anche di questo libro, risiede nel poter essere a sua volta terminato e riposto, consegnando il passato al passato e con ciò liberando il presente a sé stesso. Scrive Sandro Penna e pederasta impenitente: “Fuggono i giorni lieti, lieti di bella età. Non fuggono i divieti alla felicità”. Per questo, trascorsi gli anni e le venture, siamo qui; siamo ancora tutti qui”.- Paolo Ranieri, Vecchie favole intorno a un giovane fuoco -Era il lontano 2006 quando gli amici di Nautilus mi coinvolsero nel progetto embrionale di un operazione editoriale che pubblicasse i documenti della critica radicale italiana. Dovevano essere tre volumi, comprendenti i documenti originali, un testo centrale di un protagonista dell’ epoca e un introduzione storica di una persona più giovane, che non avesse vissuto quegli anni ma ne sapesse abbastanza da mettere in fila i fatti in modo più oggettivo. Paolo fu scelto come il più adatto – per la sua memoria, il suo senso critico e il suo stile – come testimone degli eventi, a me fu chiesto di occuparmi dell’introduzione storica. Nel 2018 uscì il primo volume, dedicato a Ludd. Aspettavamo tutti con ansia il testo di Paolo per il secondo volume, per il resto già pronto, dedicato a Comontismo. Non c è stato tempo. Dopo averli conosciuti e visti fin da bambino a casa di papà nelle loro infinite e per me allora misteriose riunioni, non avrei immaginato che l ultima volta che li avrei rivisti (quasi) tutti assieme sarebbe stato in quel 2018, alla presentazione del volume su Ludd a Torino. Da allora purtroppo se ne sono andati, in rapida successione, anche Valerio Bertelli, Piero Coppo e ora assieme Paolo e Roby. Nel secondo volume, che spero possa uscire lo stesso, l’elenco delle dediche sarà ahimè molto più lungo. Sono però felice che Paolo abbia fatto in tempo a scrivere quel testo; leggetelo, perché non racconta soltanto una storia del passato ma soprattutto il fuoco di una passione che loro avevano raccolto da altri prima di loro e che in qualche modo qualcun altro raccoglierà, come lo stesso Paolo sapeva e auspicava scrivendo le “sue vecchie favole intorno a un giovane fuoco”.
“E poi dare libertà alle passioni e alle attitudini, rilevando sempre criticamente il senso della condotta propria e altrui, usando come filo conduttore il principio del piacere, affinando, a mano a mano, sia il piacere sia il principio stesso.
Non è che l’antimilitanza, l’antisacrificio, l’antilavoro non abbiano criteri e storia: il punto è che la rivoluzione è come l’amore. Non si impara studiando ma per le vie infinite dei corpi.“
A Paolo Ranieri, i maestri non muoiono mai.
Chi non ha potuto partecipare alla commemorazione clicchi qui. Chi vuole ascoltare la playlist fatta da Roberto per Paolo clicchi qui
Rispondi