I fan sfegatati delle criptovalute hanno un’abilità impressionante nel capovolgere gli incubi. Influenti venture capitalist della Silicon Valley come Peter Thiel, Marc Andreessen e Tim Draper hanno tutti riflettuto attentamente sull’importanza del ruolo delle criptovalute quando le cose si mettono male. Si sono precipitati a comprare terreni su isole remote e a costruire città bunker sotterranee, tutto grazie ai Bitcoin. Ai loro occhi, la guerra in Ucraina rappresenta la speranza che la loro attività preventiva sia servita a qualcosa.
L’ispirazione per la loro utopia da incubo viene da un oscuro manifesto libertario, The Sovereign Individual: How to Survive and Thrive during the Collapse of the Welfare State. Gli autori del libro sostengono che dalle macerie della guerra verrà fuori un’«élite cognitiva» che salirà al potere come una classe di individui sovrani, non più soggetti al potere degli stati sovrani. Scrivendo negli anni Novanta, gli autori si sono specializzati nel trarre profitto da un mondo impazzito e hanno fatto previsioni impressionanti sull’ascesa delle criptovalute. Per i molti seguaci di criptovalute del libro, la guerra è un’opportunità: fornisce «la conferma delle loro convinzioni sempre più radicali».
La fede nel Bitcoin non è una novità per l’Ucraina. Al culmine delle proteste di Euromaidan nel 2014, il «mining» di Bitcoin è stato così prolifico che i miner ucraini hanno quasi fatto crollare l’intera rete globale. Quasi la metà di tutti i Bitcoin del mondo sono stati prodotti qui. Nonostante il boom dei mercati delle criptovalute a livello globale, gli ucraini sono rimasti tra gli utenti più accaniti. Fino a poche settimane fa, circa 8 miliardi di dollari di Bitcoin entravano e uscivano dal paese ogni anno. Il valore delle transazioni giornaliere in criptovaluta ha raggiunto i 150 milioni di dollari, superando il volume degli scambi interbancari. [segue su Jacobin Italia]
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