Il modello del dato riproduce la situazione antropologica dell’uomo, il quale pare gettato in un mondo dato, in un mondo, se si vuole, già prestabilito, che egli non ha prodotto e non corrisponde minimamente al suo volere. La costruzione teorica di qualcosa che si dia direttamente è la trasformazione in immagine di ciò che nel mondo della vita dell’uomo risulta indisponibile. Aprendo gli occhi, non si può scegliere che cosa vedere: decidendosi a vedere, non si può che vedere quel che si dà. Il che significa che il mito del dato non si limita a rielaborare un dettaglio filosofico, cioè la legittimazione del sapere empirico, ma delinea anche un’immagine dell’uomo finalizzata a mostrare che non è possibile vedere, provare e sentire quel che si vuole, bensì soltanto le cose che si danno. Come sottolinea McDowell con estrema chiarezza:
il Mito del Dato ha una motivazione più profonda, che risiede nel pensiero che, se la spontaneità non è soggetta a vincoli razionali dall'esterno[..] allora non possiamo arrivare a comprendere come le operazioni della spontaneità siano mai in grado di rappresentare il mondo. […] Il Mito del Dato esprime la richiesta pressante di un vincolo razionale esterno al regno del pensiero e del giudizio.
È «il desiderio di un limite alla libertà che è all’origine del Mito del Dato». All’uomo si dà cioè una realtà che non è il risultato delle sue interpretazioni, ma che gli si presenta in assenza d’interpretazione. L’uomo deve accettare il dato perché è ciò che gli accade. L’empirismo spiega questa esperienza elementare ipotizzando l’esistenza di dati di senso direttamente e necessariamente accessibili, i quali sarebbero i soli e pertinenti oggetti della percezione. In breve: in quanto modello l’ipotesi dell’esistenza di qualcosa che si dà direttamente non è errata e in molti contesti può anche avere senso e rivelarsi utile. Nessuno psicologo o fisiologo verrà rimproverato perché parla di «stimoli sensoriali immediati»o di «impressioni immediate», ma neppure si intenderà la sua teoria come se fosse una filosofia dell’immediatezza.
Rispondi