Che la vita emerga dal basso, a partire da poche e semplici regole di base, lo aveva già intuito il matematico John Conway nei primi anni settanta, basandosi sui precedenti esperimenti del matematico e informatico John von Neumann sugli automi cellulari. E opera sua il noto «Gioco della vita», una semplicissima scacchiera per simulare e seguire dinamicamente sullo schermo del computer nascita, morte ed evoluzione degli organismi basandosi su un paio di regole a livello locale.

Le caselle nere sono vive, quelle bianche sono morte. Lo stato di ogni casella sullo schermo cambia da una generazione alla successiva, a seconda dello stato delle otto vicine. Secondo due regole, solo due. Primo: una casella morta diventa viva se ha esattamente tre vicini vivi. Secondo: una casella viva muore se ha meno di due o più di tre vicini vivi (nel primo caso per isolamento, nel secondo caso per sovraffollamento).
Si parta da una sequenza casuale di caselle vive o morte, si clicchi play e e veda poi cosa succede procedendo nel tempo: Nascono strutture complesse, cangianti e vitali, e sembra di assistere alla crescita rapida di una pianta o al movimento di uno stormo di uccelli o di una folla. Ecco strutture che prendono i soprannomi più bizzarri: strutture cristalline che riempiono lo spazio disponibile, chiamate «rete da polli» o «anelli di cipolla»; piccole strutture molecolari isolate, definite «conigli e mucche», strutture cicliche chiamate «lampeggianti» e «rospi»; strutture dai caratteristici spostamenti rettilinei come le «locomotive» e i «draghi»; strutture che interferiscono con altre strutture, quali i «riflettori» e i «mangiatori», e tutto uno zoo di organismi superiori e complessi chiamati «piedistalli», «soffioni», «rastrelli», «manici di tazza», «alveari», «replicanti», «vulcani», «portaerei». E, parlando di vita, non possono mancare i «baci in bocca». Emergenza di comportamenti complessi e inaspettati, senza che nessuno li abbia progettati dall’alto, a partire da un paio di regole di interazione a livello locale.
Seguendo la stessa logica emergente dal basso, il professor Daniel Mange dell’École polyrechnique fédérale de Lausanne ha progettato il BioWall, una parete elettronica esposta alla Villa Reuge de Sainte-Croix, nei pressi di Losanna. Cellule artificiali che si lasciano sfiorare come una sorta di epidermide, accarezzate diventano un mosaico di diodi lampeggianti. A mano a mano vengono attivate, imitano il Gioco della vita, formando anelli auto-riprodutttvi morendo e poi rinascendo secondo regole elementari di comportamento.
Certo, molto semplice, ma per partire nello studio dell’auto-organizzazione nei sistemi viventi. In questo capitolo approfondiremo, seguendo il senso presente in natura, nel significato geometrico della parola. Un verso, una freccia. Da strutture elementari verso strutture complesse che hanno maggiore significato, che a loro volta formano nuove strutture complesse e così via. Cellule, organismi, organizzazioni, eco-sistemi. Questa direzione, questa freccia ci guidi in questo capitolo, Livello biologico prima (dagli organismi cellulari agli esseri umani), livello ecologico poi (dagli stormi e dagli insetti sociali agli eco-sistemi).
Nel regno dei protisti
Come in un libro fantasy, andiamo alla scoperta di un regno. Non abitato da principi, cavalieri e maghi, ma da piccoli organismi unicellulari chiamati missomiceti. Punto zero del senso, nel significato geometrico della parola: benvenuti nel regno dei protisti, organismi viventi eucarioti, né animali né piante o funghi, con un nucleo ben definito e isolato dal resto della cellula (a differenza dei procarioti, privi di nucleo ben differenziato).
Ecco, nel regno dei protisti, una famiglia tipo di missomiceri, costituita da migliaia di singole cellule separate di tipo ameboide uniformemente distribuite nello spazio (densità costante). Ciascuna unità è libera di muoversi indipendentemente dalle altre: ciascuna assume cibo (i batteri, che delizia!), ciascuna si sposta emettendo estroflessioni di citoplasma chiamate pseudopòdi, utilizzate a mo’ di remi. Movimento ameboide che si trova anche in cellule del sistema immunitario dei vertebrati.
Ogni unità si muove indipendentemente dalle sue vicine. Normalmente, avviene così. Normalmente, competono per le risorse. Un gruppo in cui non regna l’armonia, verrebbe da dire! Ma, quando scarseggia il cibo, le singole cellule cooperano e si aggregano in un unico organismo costituito da due parti distinte, un fusto e uno sporangio, ovvero, antropomorficamente, un “busto”e una “testa”.
Tali condizioni di inedia possono essere ricreate anche in laboratorio, come imporre un vincolo in un esperimento chimico o fisico, per esempio mantenere le celle di Bénard o la Reazione BZ lontano dall’equilibrio. Come aprire il sistema. Le cellule, inizialmente separate e uguali tra loro, si uniscono e si differenziano. Ora sì che in famiglia regna l’armonia… Organismo che si muove all’unisono, come un serpente, passaggio da forma di vita ‘distribuita” ad “aggregata”. Come avviene tutto ciò?
Attorno al 1960, i ricercatori scoprirono che le cellule possono produrre e liberare una sostanza (cAMP) coinvolta nel processo di aggregazione. Ipotesi: vi sono delle cellule leader che dettano il ritmo della marcia, modello top-down. Nel 1962, Shaffer, docente a Harvard, Cambridge e Princeton, ipotizzò che tali cellule leader usassero il cAMP come segnale di richiamo.
Certo! Siamo così abituati a pensare in termini di comando, gerarchie e capi gelateria sembra reggere. C’è solo un piccolo problema insignificante: non si riescono ad individuare queste cellule leader, e anzi sembra proprio che tutte le amebe siano perfettamente intercambiabili tra loro. Ma è tutta colpa dell’insufficienza dei dati e degli strumenti , dateci qualche tempo e confermeremo l’ipotesi. Per anni fu così.
Finché nel 1949 i ricercatori del Mit Keller e Segel tornirono una spiegazione completamente diversa del fenomeno. Innanzitutto, lessero uno studio del 1954 sulla morfogenesi del famoso matematico Alan Turing, uno di quelli che ha posto le basi per l’invenzione del moderno computer.
Poco prima della sua morte, Turing si era dedicato alla ricorrenza di determinati pattern numerici nei fiori, dimostrando attraverso strumenti matematici come un organismo potesse auto-assemblarsi senza un progetto, un disegno prestabilito. In particolare, il modello numerico, proprio come il Gioco della vita, dimostrava che semplici agenti, seguendo poche regole in modo deterministico, possono generare strutture sorprendentemente complesse.
Interessante, viene quasi voglia di mettere in discussione l’ipotesi di Shaffer sull’esistenza di cellule con funzioni di comando. E allora Keller e Segel sviluppano con carta e penna una serie di equazioni che dimostrano che le amebe possono aggregarsi semplicemente alterando la quantità di cAMP emessa, senza un leader che diriga il processo: modello bottom-up.
Questo non basta alla comunità scientifica: impossibile pensare a un processo di organizzazione senza un controllo centralizzato. Ci vollero ancora una decina di anni e una serie di evidenze sperimentali prima che il lavoro dei due ricercatori del Mit fosse riconosciuto a livello accademico. Oggi si può affermare che sembra essere all’opera l’auto-organizzazione. Vediamo nel dettaglio perché.
Gli alti e bassi di una famiglia di missomiceti
Il segnale viene inizialmente diffuso da alcune amebe “pioniere” e raggiunge le vicine, dando luogo a due tipi di dinamiche. Uno: le vicine realizzano un movimento orientato (chemiotassi) verso le regioni a più alta concentrazione di cAMP, verso le pioniere, che diventano così un attrattore del sistema. Questo moto da luogo a strutture di densità delle cellule che assomigliano molto alle strutture ondulatorie viste nelle Reazione BZ. Un vero e proprio pellegrinaggio verso le pioniere. Due: avvicinandosi amplificano il segnale aumentando a loro volta la concentrazione cAMP. Proprio come il campo d’onda luminoso del laser, quando il segnale raggiunge le cellule, la sua intensità viene accresciuta dell’emissione delle nuove arrivate e in questo modo diventa ancora più forte per le mie amebe non ancora raggiunte.

In sintesi. Ciò che consente l’aggregazione delle amebe è la presenza di un segnale, il cAMP, prodotto in qualche modo dall’interno della cellula ed emesso all’esterno; la produzione di tale sostanza attira le singole cellule verso un punto d’incontro (dinamica uno) e viene sempre più amplificata a mano mano che le cellule si raggruppano (dinamica due). Circolarità auto-rinforzante che allontana dall’equilibrio. Da organismi unicellulari, nel punto di biforcazione emerge una nuova proprietà: la vita pluricellulare. Le singole unità invece di morire a causa della scarsità di cibo, rispondono alla nuova situazione, co-evolvendo in accoppiamento strutturale con un processo di auto-organizzazione. Le 10 cellule unite si spostano più facilmente alla ricerca di condizioni ambientali favorevoli.
Inoltre, l’organismo unico e multicellulare formatosi è costituito da uno stelo e uno sporangio. Le cellule prime indifferenziate, si dividono ora in due tipologie distinte: quelle che costituiranno la testa e quelle che costituiranno il gambo. Pare che anche questo caso il cAMP abbia un ruolo determinante, sebbene la ricerca su questo processo non sono ancora giunti a conclusione.
Nello sporangio o corpo fruttifero si formano poi le spore, che vengono disseminate nell’ambiente; se queste trovano le condizioni favorevoli per germinare, diventano nuove amebe pronte per dare inizio a nuovo ciclo vitale.
Così la famiglia tipo dei missomiceti vive tra alti e bassi di qualsiasi famiglia: a volte non regna l’armonia, ma, quando ce n’è bisogno, l’unione fa la forza!

Tutto quello che precede proviene da pagina 87 a pagina 92 del libro Auto-Organizzazioni di Alberto F. De Toni, Luca Comello, Lorenzo Ioan che chiaramente consiglio assolutamente di leggere.
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