Il Chilometro Consapevole

Nuovi modelli distributivi

Sono un primo valido punto di partenza, attorno al quale si sta creando un consenso che lascia ben sperare. Spesso di vendita diretta, fanno leva su un aspetto a lungo trascurato: la relazione di fiducia tra il produttore e il consumatore, che preferisco definire co-produttore. Sto parlando degli ormai noti mercati contadini.dei gruppi di acquisto solidale e delle comunità a supporto dell’agricoltura. Le ultime due forme si sono sviluppate anche grazie a una tecnologia che permette di creare relazioni tra gli estremi della filiera pure dove sembrerebbe più difficile, per esempio nelle città.

In ultimo citerò un modello per il futuro su cui ripongo molta fiducia: le botteghe di quartiere. Luoghi che nel secolo scorso sono stati il tratto distintivo dei nostri paesi, e che ora dovrebbero rinascere con un carattere multifunzionale, specie in quei luoghi marginali quali possono essere i piccoli borghi o i comuni di montagna. Esse devono avere uno spazio per i prodotti dei contadini del territorio, per accedere a internet e ritirare i pacchi postali. Luoghi di relazioni, incontri, socializzazione. Andrebbero sostenute dagli enti pubblici per il loro alto valore sociale di ricomposizione e mantenimento di una comunità. Penso che chilometro consapevole debba essere fatto anche di luoghi fisici dove si sperimentano nuove forme di aggregazione, produzione e distribuzione: palestre di economia relazionale.

Tutto questo funziona in primis dove l’agricoltura è orientata al bene comune, dove lavora per il benessere delle persone e del pianeta, dove non si creano condizioni di sfruttamento in nessun passaggio della filiera. Solo così si potrà capire che il giusto è sostenibile, crea ricchezza, favorisce la costruzione di una società più coesa e inclusiva. Ciò richiede uno sforzo verso la conoscenza del mondo e dell’altro, uno sforzo che, pure in questo caso, pretende studio e la possibilità di avere corrette informazioni su ciò che mangiamo. Far fare al giusto questo salto di qualità dipenderà molto dalla volontà nostra, oltre che di chi ci governa. È un impegno politico necessario per migliorare la qualità della vita di tutti.

Da anni “buono, pulito e giusto” ha smesso di essere un riferimento bibliografico ed è diventato uno slogan. A partire da quella triade di aggettivi si è costruito un linguaggio comune, ma prima ancora un comune sentire che risponde a un’istanza concreta di cambiamento: l’emergere di una nuova prospettiva economica che pone al centro il bene di tutti e i beni relazionali.

Il cibo è innanzitutto un bene di tutti, e in quanto tale deve essere garantito a ognuno nella sua accezione qualitativa completa di buono, pulito e giusto, che non può più essere privilegio di pochi. Il modello di scambi che auspico dovrà imporre una nuova dottrina basata non più sul prodotto da vendere ma sulla relazione da costruire. E’, questo, un importante elemento di novità che permette di accrescere la consapevolezza e dare il giusto valore ad ogni fase della filiera agroalimentare – dal campo alla tavola -, comprendendo la complessità e la diversità di attori che la costituiscono e ne consentono il funzionamento.

Ciò che più mi entusiasma rispetto al promuovere un cambio di sistema a partire dal cibo è il suo essere estremamente trasversale. Il cibo collega e fa crescere chi se ne occupa professionalmente, ma anche tutti coloro i quali lo scelgono e consumano consapevolmente, lungo una faticosa china disseminata di connessioni, alla continua ricerca di un superiore livello di coerenza.

Non importa da dove si parte nella messa a fuoco del valore e del senso della propria cittadinanza: si può partire dalla qualità dell’ambiente o del cibo; dalla difesa dei diritti dei lavoratorio dal risparmio energetico; dalla parziale autoproduzione o dal benessere animale. Ciò che conta è partire: senza indugi, sensi di colpa, manie di perfezionismo. In questo viaggio verso il chilometro consapevole c’è spazio per tutti coloro che hanno la volontà di imparare e di mettersi in discussione. L’unica condizione è accettare come compagno di viaggio un elemento che ritengo fondamentale per intraprendere qualsiasi rivoluzione, piccola o grande che sia: la gioia.

Da il Chilometro Consapevole pagina 54 il libro di Carlin Petrini e Carlo Catani appena uscito per Slow Food Editore.

Nel testo ci sono altri stimoli assolutamente da non tralasciare.

FAO. 2019. TAPE Tool for Agroecology Performance Evaluation 2019 – Process of development and guidelines for application. Test version. Rome

Farm to Fork

Pubblicità

Una risposta a "Il Chilometro Consapevole"

Add yours

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: