Monotropa Uniflora

Nel nordovest del Pacifico le foreste sono incredibilmente verdi. Rimango a bocca aperta davanti a ciuffetti di un bianco brillante che spuntano in mezzo a cumuli di aghi di conifere. Sono piante fantasma prive di foglie: sembrano pipe di argilla in equilibrio su un’estremità. Al posto delle foglie, attorno allo stelo, si avviluppano piccole squame. Queste piante germogliano nelle zone più in ombra della foresta, dove nessun’altra specie potrebbe crescere, raggruppandosi una vicina all’altra come fanno certi funghi. Anzi, si potrebbero facilmente scambiare per funghi se non fossero palesemente piante. Appartengono alla specie Monotropa Uniflora: piante che fingono di non esserlo. Molto tempo fa la Monotropa – nota anche come «fiore fantasma» – ha perduto la capacità di fotosintetizzare, e con essa anche le foglie e il colore verde. Ma come? La fotosintesi è una delle più antiche consuetudini delle piante – in molti casi è una caratteristica irrinunciabile dell’essere pianta -, eppure la Monotropa l’ha abbandonata. Immaginate se venisse scoperta una specie di scimmie che non si nutre in modo tradizionale, ma trae energia della luce del sole usando batteri fotosintetici che alleva nella propria pelliccia. Una deviazione radicale.

La soluzione della Monotropa è di tipo fungino. Come la maggior parte le piante verdi, anche questa specie dipende dal proprio partner micorrizici, ma variare nel suo caso è il comportamento simbiotico. Le piante verdi “normali” forniscono ai funghi loro associati composti del carbonio ricchi di energia, zuccheri o lipidi, in cambio di nutrienti minerali ricavati dal suolo. La Monotropa, invece, ha trovato il modo di aggirare la fase dello scambio e riceve dai funghi micorrizici sia il carbonio sia i nutrienti. E a quanto pare, non restituisce nulla.

Da dove viene allora il carbonio della Monotropa? I funghi micorrizici lo ricevono esclusivamente dalle piante verdi, dunque il carbonio che sostiene la vita di questa pianta – buona parte di ciò che la compone – deve per forza provenire da altre piante attraverso un reticolo micorrizico condiviso. Se la Monotropa non ricevesse il carbonio che arriva dalle piante verdi attraverso collegamenti fungini comuni, non potrebbe sopravvivere. La Monotropa è stata a lungo un mistero per i biologi. Fu un botanico polacco, deciso a sciogliere gli interrogativi su questa strana specie, il primo a suggerire, alla fine del Diciannovesimo secolo, che le sostanze potessero scorrere tra varie piante attraverso connessioni fungine. La sua idea, però, non riuscì ad affermarsi e rimase soltanto una speculazione effimera sepolta in un oscuro articolo e scomparve quasi senza lasciare traccia. L’enigma Monotropa rimase sepolto per settantacinque anni, finché, nel 1960. non fu ripescato dal botanico svedese Erik Biörkman. Iniettando zuccheri radioattivi in alcuni alberi, Biörkman dimostrò che la radioattività si accumulava nei vicini esemplari di Monotropo. Fu la prima prova che le sostanze passavano da una pianta all’altra percorrendo un percorso fungino.

Le particolarità della Monotropa spinsero i botanici a cercare di scoprire una possibilità biologica completamente nuova. A partire dagli anni ottanta, divenne chiaro che questa specie non era un’anomalia: molte piante sono promiscue e possono entrare in contatto con vari partner micorrizici; a loro volta, i funghi micorrizici hanno relazioni promiscue con le piante. Inoltre, reticoli fungini separati possono fondersi, Il risultato? Sistemi di reticoli micorrizici condivisi, potenzialmente vastissimi, complessi e collaborativi.

Ovunque camminiamo c’è una connessione sotterranea. E’ stupefacente, incredibile, esclama entusiasta Toby Kiers. Trovo assurdo che questo tipo di studio non sia più diffuso. Condivido le sue impressioni.

Tantissimi organismi interagiscono tra loro. Se potessimo disegnare la mappa indicando chi interagisce con chi, ne uscirebbe una rete. Ma i reticoli dei funghi formano collegamenti fisici tra le piante: è la differenza tra avere 20 conoscenti e avere venti conoscenti con cui si ha in comune il sistema circolatorio. I reticoli micorrizici condivisi - che i ricercatori  chiamano «reticoli micorrizici comuni - sono il principio basilare dell'ecologia: gli organismi formano relazioni. Il «tessuto reticolare, ricco di intrecci» di Humboldt è una metafora per descrivere la natura: un «tutto vivente», un agglomerato di relazioni in cui organismi sono inestricabilmente integrati. I reticoli micorrizici danno corpo a quel tessuto reticolare.
Fonte

Nel 1984 Read insieme un gruppo di colleghi riuscì a dimostrare per la prima volta in modo certo il passaggio di carbonio tra le normali piante verdi attraverso i collegamenti fungini. Fino ad allora nessuno era mai riuscito a provare che gli zuccheri finissero nel suolo attraverso le radici della pianta e venissero poi assorbite dalla radice dell’altra. In altre parole nessuno aveva ancora dimostrato che il carbonio passa da una pianta all’altra attraverso un canale diretto di tipo fungino. Ma Read era riuscito a dimostrare questo solo in laboratorio e niente suggeriva che il passaggio del carbonio potesse avvenire anche nell’ambiente naturale. Dobbiamo aspettare Susanna Simard che pubblicò il suo studio nel 1997 in cui si dimostrò che il trasferimento del carbonio tra le piante accadeva anche in natura.

Un buon articolo lo trovate qui

Fonte immagine di copertina

Merlin Sheldrake – L’ordine Nascosto pag. 187

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